MARGINE DI CONTRIBUZIONE E DECISIONI AZIENDALI

margine di contribuzione e decisioni aziendali

Margine di contribuzione e risultati aziendali: qualche navigatore ci ha chiesto di parlare di questa grandezza fondamentale nell’ambito della gestione di un’azienda perché, in effetti, è un po’ complicato comprendere fino in fondo l’aiuto complessivo che questo indicatore può dare alla gestione aziendale nel suo complesso. Iniziamo con il dire che il margine di contribuzione serve per prendere decisioni aziendali. Infatti, più d’uno ci ha scritto per avere qualche delucidazione su questa grandezza aziendale, poichè se lo sono ritrovato davanti per prendere delle decisioni, senza sapere di cosa si trattasse. E quindi, la decisione non è stata presa.

Infatti, è abbastanza complicato prendere una decisione basandosi su qualcosa che non si conosce: soprattutto nell’ambito della gestione aziendale, poiché dalla bontà di alcune decisioni, dipendono una serie di cose fondamentali come: la produzione di reddito di esercizio (positivo); aggiustamento degli equilibri di finanza aziendale; controllo dei costi e altro ancora.

E’ un po’ come decidere di dirigere una barca a vela, senza mai avere fatto un corso di vela!! Per bene che vada, si rischia di perdersi in  mezzo al mare… Oggi andiamo sul “tecnico”, ma speriamo non ce ne vogliate poiché questo è un argomento abbastanza sconosciuto che vogliamo mettere a disposizione dei navigatori del nostro sito.

Il margine di contribuzione (MdC): cos’è, come si calcola e a cosa serve?

Dunque: l’economia aziendale fornisce una serie di strumenti tecnici alquanto interessanti che sono fondamentali per prendere alcune decisioni, nell’ambito della gestione. Più di una volta, abbiamo incontrato imprenditori che si erano innamorati di alcuni loro prodotti e che basavano la loro intera produzione proprio su questi prodotti. E si verificava un paradosso alquanto strano: i prodotti sui quali questi imprenditori puntavano tutto vendevano, e anche tanto!! E quindi, nella voce dei “RICAVI” del conto economico i numeri erano abbastanza interessanti. Solo che, poi, ad una crescita del fatturato generale e particolare (cioè riferito al singolo prodotto), si accompagnava una diminuzione dell’utile netto di esercizio. Come è possibile una situazione del genere? E cioè che all’incremento del fatturato, diminuisce l’utile netto? La risposta a questa domanda la fornisce proprio il Margine di Contribuzione il quale è una grandezza fondamentale per gestire un’attività economica, cioè un’azienda.

Il Margine di Contribuzione (MdC) è la differenza tra il Prezzo (P) di vendita del prodotto, e il suo Costo Variabile Unitario (CVu). Cosa significa? Abbiamo parlato in questo articolo della differenza tra costi fissi e costi variabili, e quindi non ci torniamo sopra. In alcuni articoli come questo, in cui abbiamo parlato del Break Even Point (BEP), abbiamo detto che cos’è, a cosa serve e come si deve utilizzare per calcolare il punto in cui Costi (totali) e ricavi (totali) sono uguali.

La formula del BEP ci dice che, per calcolare la quantità di prodotto che occorre vendere ad un dato prezzo per pareggiare costi totali e ricavi totali, si deve fare così:

 

Margine di contribuzione e Break Even Point

 

Bene: P – CVu è esattamente il MdC, cioè il contributo che fornisce il prodotto alla copertura dei costi fissi. Cosa significa? Rispondiamo con un esempio, che è molto più semplice.

Supponiamo di vendere il prodotto A a 100 euro. E supponiamo che il CVu del prodotto A è di 66 euro. Ciò significa che, facendo la semplice differenza tra P (100 euro) e CVu (66 euro), otteniamo 34 euro. Questi 34 euro sono Il MARGINE che resta per coprire i costi fissi, perchè sappiamo che in azienda ci sono anche questi. Semplice. Se supponiamo che il costo fisso unitario (cioè quella parte di costo fisso che è direttamente imputabile al prodotto A) è di 10 euro, allora il MdC di 34 euro è più che sufficiente per coprire anche la parte di costo fisso unitario di prodotto, e “avanzano” 24 euro. Che è il margine netto, finale.

E cosa accadrebbe se il costo fisso unitario fosse 36 euro, invece che 10 euro? Ecco che la differenza  fra 34 euro (MdC) e 36 (costo fisso unitario) fa – 2 euro. Ciò significa che ogni prodotto A fa perdere all’azienda 2 euro per ogni unità di prodotto venduta!!!

Come è possibile una cosa del genere? Per rispondere a questa domanda, occorre fare riferimento alla contabilità analitica e ai calcoli di convenienza economica, poichè occorre “scomporre” tutti i costi aziendali in fissi e variabili, e tra questi, occorre poi imputare i costi ad un prodotto piuttosto che a un altro. Un lavoro un pò laborioso, ma che vale sicuramente la pena di fare…

Per capire questa cosa, può servire il seguente esempio, che poi commenteremo: supponiamo che l’azienda ALFA produca due prodotti: A e B; e supponiamo che il C/E sintetico sia il seguente:

 

il margine di contribuzione

 

Distinguendo tra costi fissi e variabili nell’ambito di questo conto economico, e scomponendo i ricavi e i costi in base al prodotto a cui si riferiscono, ipotizziamo la seguente situazione:

 

Questo secondo grafico nella colonna arancione mostra i costi e i ricavi che sono stati imputati al prodotto A, e nella colonna azzurra i costi e  ricavi che sono stati imputati al prodotto B. L’ultima colonna a destra è il totale delle due colonne, sia per orizzontale, che per verticale. Con queste poche informazioni a disposizione, è già possibile effettuare due conti e verificare che il MdC del prodotto A è NEGATIVO. Infatti:

 

Quest’ultimo grafico chiarisce come ogni unità prodotta/venduta del prodotto B contribuisce alla copertura dei costi fissi aziendali in misura di 33,75 euro, mentre il prodotto A “assorbe” risorse finanziarie per ogni unità prodotta/venduta in ragione di 5 euro ad unità, nonostante il suo prezzo di vendita sia il doppio del prezzo del prodotto B.

Ma allora: come viene raggiunto il risultato economico complessivo di 10 euro, evidenziato nel primo grafico (quello del conto economico generale e sintetico)? E’ evidente che, se il prodotto A “lavora” a MdC  negativo (perchè assorbe 5 euro per ogni unità di prodotto), e il prodotto B “lavora” a MdC positivo, poichè libera risorse per 33,75 euro per unità di prodotto, allora è chiaro che il prodotto B deve contribuire doppiamente alla produzione del reddito. Infatti, i 33,75 euro di MdC del prodotto B  servono a coprire anche quella parte di perdita (di 5 euro) generata da ogni unità del prodotto A.

Ci scusiamo per la complicatezza del discorso, che si discosta notevolmente dal nostro modo di rendere semplici concetti complessi, ma nell’ambito della stesura di un business plan, sarebbe molto indicato corredare le previsioni economico-finanziarie con considerazioni come quelle che abbiamo fatto poco fa. E, soprattutto, pensiamo che ogni imprenditore dovrebbe conoscere quanto abbiamo appena illustrato poiché, è chiaro, che eliminare il prodotto A dalla linea di produzione, farebbe guadagnare  molti più soldi all’azienda, piuttosto che fargliene perdere..

fare l’analisi del margine di contribuzione è abbastanza laborioso ma i risultati che se ne possono trarre rappresentano un vantaggio davvero grande per chi sa come usare questo strumento di pianificazione strategica.

Margine di contribuzione e pianificazione strategica

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44 commenti su “MARGINE DI CONTRIBUZIONE E DECISIONI AZIENDALI”

  1. Salve Giancarlo.
    Mi sorge un dubbio e spero che tu me lo chiarisca. Nell’esempio che fai dove l’azienda ALFA produce due prodotti A e B, il margine di contribuzione di B che è positivo copre la parte dei suoi costi fissi e la perdita del prodotto A ( -5).
    Facendo i calcoli, perchè abbiamo un risultato economico di 10 e non di 12.5 ??

    • Ciao Daiana,

      che cosa ti devo dire? GRAZIE!!!

      Un complimento così aperto e sincero, finora, non ce lo aveva mai fatto ancora nessuno!
      Fa proprio piacere leggere che il proprio lavoro viene apprezzato in odo così chiaro e semplice!
      Posso chiederti un piacere (se non lo hai già fatto)? Puoi mettere un like di Facebook oppure condividere l’articolo in Linkedin? Per noi è importante, ci aiuta a crescere e a far conoscere queste tematiche al più alto numero di persone e imprenditori possibile

      Grazie ancora e buona giornata.

  2. Io sto studiando il margine di contribuzione e break even point a singolo prodotto e multi-prodotto in questo periodo per via di un esame.
    Cercavo una definizione chiara di margine di contribuzione lordo e netto e il vostro articolo mi ha aiutato a capire meglio e più ampiamente il concetto

    • Ciao Giuseppe,

      beh..cosa dire? Grazie per il complimento che ci hai fatto.
      Noi cerchiamo di essere il più chiari e semplici possibile e quando leggiamo commenti come il tuo, siamo soddisfatti del nostro lavoro e di come lo facciamo.

      Grazie ancora.

    • Ciao Marta,

      lieto che finalmente anche tu hai capito per bene questa cosa abbastanza semplice ma che molti rendono difficilissima da capire!

    • Ciao Francesco,

      grazie per il complimento graditissimo: l’articolo l’ho scritto io!!

      • Ciao!!!! Grazie a questo articolo ho capito finalmente il margine di contribuzione! Sono contentissima!!!!! Se al esame mi chiederanno questo argomento farò un figurine 😀

        • Ciao Marina,

          grazie per il complimento.
          Non ci resta che farti gli “in bocca al lupo” per l’esame.

          P.S.: facci sapere come è andata!

  3. Buongiorno e complimenti per il sito. Vorrei porre un ulteriore “cavillo”: potrebbe essere che il prodotto A pur causando una perdita faccia da traino (per la sua efficienza, alta qualità – infatti costa di più – supporto al brand ecc…) per il prodotto B e se lo elimino causo un danno (magari a lungo termine) anche al B? Grazie per la eventuale risposta/parere.

    PS: Se posso muovere una critica direi che sarebbe stato opportuno precisare sempre se si intende MdC lordo oppure netto, cioé quello che include anche il costo fisso incidente su ogni pz, comunque con un po’ di attenzione ci si arriva uguale.

    • Scusate, leggendo la risposta a Rossella ho visto che avevate già risposto alla mia domanda. Ciao.

  4. Buongiorno,volevo una delucidazione qualora fosse possibile.
    Se io ho 3 prodotti A,B e C dopo aver calcolato il MC come faccio a capire se è opportuno eliminare il prodotto C ? e se è congruo il metodo adottato per la ripartizione dei costi indiretti variabili e fissi?
    Grazie anticipatamente.

    • Ciao Rossella,

      per capire se il prodotto C è da eliminare oppure no, basta vedere se “lavora” a MdC positivo o negativo; se “lavora a MdC negativo, andrebbe eliminato. Scrivo “andrebbe” perché, in qualche caso, i prodotti con MdC negativo sono i “prodotti civetta” oppure i prodotti “di punta” dell’azienda e la loro eliminazione dalla linea potrebbe risultare estremamente dannosa.

      La congruità del metodo applicato dipende dalla bontà dei calcoli che vengono effettuati; se c’è un errore nella definizione di un costo (per es. un variabile che viene inserito nella lista dei fissi e/o viceversa) si commette un errore “ab origine” nel calcolo complessivo e quindi, di conseguenza, salta la congruità. Se, invece i calcoli sono giusti sin dall’inizio il metodo può essere considerato congruo. Sulla base di questi calcoli vengono fatte analisi estremamente approfondite e che determinano il successo o meno di un’azienda sul mercato.

      Spero di essere stato esaustivo.

    • Volevo proporre un quesito.
      Nel calcolo del Margine di contribuzione, i ricavi di vendita vanno assunti al loro o al netto dei premi e promozioni (si stratta di riaddebiti che il cliente ci fa in % sul fatturato) che il cliente ci fattura ?
      Esempio
      A %
      fatturato lordo 1000
      premi e promozioni -100
      fatturato netto 900 100,0%
      costi variabili -800 -88,9%
      margine di c. 100 11,1%

      B
      fatturato lordo 1000 100
      premi e promozioni -100 -10,0%
      costi variabili -800 -80,0%
      margine di c. 100 10,0%

      Il margine assoluto è uguale ma è differente quello percentuale.
      Quale modalità è più corretto usare A o B ?
      Preciso che non tutti i clienti ci riaddebitano i premi e promozioni.
      Si creano così delle disparità di % di margine tra i clienti con o senza premi e promozioni.

  5. cioa, apprezzando il vostro metodo di spiegazione

    vorrei fare un domanda su quale secondo la vostra visione dovrebbe essere
    il giusto MDC sulla vendita di un prodotto che viene realizzato in parte tramite terzisti
    o (conto lavoro come alcuni preferiscono chiamarlo)
    dove il loro costo è solo di trasformazione.

    se secondo voi esiste una percentuale piu o meno corretta ??

    per spiegarmi meglio vi porto un esempio di come attualmente
    consideriamo il prezzo di vendita per prodotto :

    Prezzo di Vendita del prodotto Finale € 6,60 al PZ

    CDV € 3,974 (pari al 60 %)

    di cui
    € 1,25 Materia prima
    € 2.00 costo levo razione Terzista
    € 0,849 trasporto al cliente per singola Unità

    MDC € 2,626 (pari al 40 %)

    Grazie attendo vostro riscontro

    • Ciao Marcello,

      scusami in anticipo per quello che sto per scriverti; non esiste una MDC che, “secondo la nostra visione” dovrebbe giusto e/o sbagliato.

      Il MDC deriva da una serie di calcoli e serve a prendere decisioni aziendali in merito alla convenienza/non convenienza a produrre un certo prodotto (infatti, se un prodotto “lavora” a MDC negativo sarebbe meglio eliminarlo dalla linea di produzione/vendita poiché assorbe risorse finanziarie piuttosto che produrne..). Non siamo noi a decidere se un prodotto con MDC negativo (per esempio) “è buono” oppure no: se, per esempio, l’azienda produce il prodotto a MDC negativo ma quello stesso prodotto “serve” da traino per tutta la linea degli altri prodotti dell’azienda, allora la valutazione di convenienza economica potrebbe essere espressa nei termini di “OK…continuiamo a produrre quel prodotto anche se sta a MDC negativo poiché grazie a quel prodotto riusciamo a vendere TOT quantità degli altri prodotti..”.

      La valutazione espressa qui sopra potrebbe sembrare una follia ma non lo è: ciò che serve è la consapevolezza che “quel” prodotto lavora a MDC negativo e, poi, occorre fare due conti tra quello che assorbe (in termini finanziari) e quello che, invece, produce in termini di vendita degli altri prodotti. Se il saldo è positivo (tra risorse finanziarie assorbite e liberate) allora si può anche decidere di tenerlo in produzione.

      Spero di essere stato di aiuto.

  6. Buongiorno,
    complimenti davvero per le chiare spiegazioni. Avrei però una domanda, nel caso avessi il MLC positivo, ma aggiungendo i costi fissi (calcolati proporzionalmente al prodotto in seguito ad una ripartizione soggettiva) il prodotto ha un margine negativo, conviene dal punto di vista economico eliminare il prodotto? Secondo me non conviene perchè con una parte del MLC va a coprire i costi fissi che altrimento verrebbero ripartiti per i 2 prodotti rimanente, corretto?
    Grazie

    • Ciao Alessandro,

      grazie per i complimenti che ci hai fatto.

      Per quanto riguarda la domanda che poni, la risposta da darti sarebbe un po’ articolata e servirebbe un esempio ma, purtroppo e per ragioni di spazio, non la posso articolare come vorrei (e dovrei) ma provo a darti una spiegazione lo stesso.

      Con il calcolo di questo esempio ad ogni prodotto viene imputata la sua parte di costi fissi e di costi variabili e quindi, considerato i prezzo di vendita (di ognuno) si calcola il MdC. Se il MdC di un prodotto è negativo significa che QUEL prodotto assorbe risorse (finanziarie) piuttosto che produrne il che significa che è un prodotto che “fa perdere” soldi all’azienda e la risposta conseguente sarebbe “ELIMINARE IL PRODOTTO” dalla linea di vendita poichè ha delle ripercussioni generali negative sull’aspetto economico (cioè sui ricavi) della gestione.

      Molti imprenditori non capiscono questo semplice concetto poiché, spesso, si “affezionano” ad un determinato prodotto e non riescono a capire che per colpa di quel prodotto l’azienda rischia il fallimento o, quantomeno, si riducono i margini di profitto.

      Caso diverso (anche se identico dal punto di vista delle considerazioni di carattere economico) è se quel prodotto che sta a margine negativo è un “prodotto civetta”, ossia un prodotto che fa da traino per la vendita di altri prodotti (a margine positivo, ovviamente..); se si tratta di un prodotto civetta occorre fare un calcolo differenziale tra quanto rende o quanto costa vendere quel prodotto a margine negativo in cambio degli altri prodotti a margine positivo. Si fa la somma algebrica e poi si decide..

      Spero di essere stato chiaro.

  7. Grazie per queste informazioni chiare e ben organizzate, anche per un non economista come me. Un dettaglio davvero irrilevante, ma tant’è: “un poco” si accorcia scrivendo “un po’ “. L’apostrofo sostituisce la sillaba -co che viene elisa. Non si scrive un pò con l’accento. Cancelli pure questo fastidioso commento che nulla toglie al mio apprezzamento per ciò che lei scrive.
    Grazie e “keep up the good work”. Cordiali saluti.

    • Ciao Giacomo,

      non ci limitiamo a pubblicare solo i commenti in cui ci fanno i complimenti e ci dicono “quanto siete bravi!”; pubblichiamo anche quelli in cui ci vengono dati consigli su errori ortografici o su altri aspetti che servono a migliorarci, soprattutto quando vengono fatti notare con il garbo e l’educazione che hai usate tu. Provvediamo immediatamente a corregere l’errore.

      Grazie per la segnalazione e anche per i complimenti che hai fatto.

  8. Salve Giancarlo…
    ho trovato un esempio dove appunto si parla di mix…e credo di aver capito come si calcola il BEP… mi sfugge soltanto della seguente tabella di riepilogo dell’esempio trovato da dove viene fuori la terza colonna (mix vendite)…ossia i valori 18,9 – 29,5 – ecc…pensavo fosse il peso di quel prodotto in % sul tot.di 23.870.003 ma non è così…il resto mi è chiaro!

    Prodotti Vendite Mix vendite
    (A)

    Margine di contribuzione (*) (B) Media Ponderata
    (A x B)

    Prodotto 1 1.500.000 18,9% 31,7% 6,0%
    Prodotto 2 7.042.853 29,5% 36,2% 10,7%
    Prodotto 3 5.357.150 22,4% 38,0% 8,5%
    Prodotto 4 3.400.000 14,2% 32,5% 4,6%
    Prodotto 5 3.570.000 15,0% 35,7% 5,3%
    TOTALE 23.870.003
    100,0%

    35,2%
    (*) Calcolato con il metodo del Direct Costing Semplice

    Margine medio aziendale: 35,2%

  9. Signor Giancarlo, in base a quanto ho letto in questo interessante sito, partendo dalla formula BEP = CF/(P-Cvu) dove P-CVu altro non è che il Mdc, conoscendo il MdC di un prodotto per calcolare il BEP basterebbe fare CF/MdC, giusto? Nel mio specifico caso ho tre categorie di prodotti e ho calcolato i relativi MdC in valore. Ho dei costi variabili per ciascuna tipologia ed ho dei costi fissi globali. Esattamente CF globali = € 3.787.350,00. I MdC dei tre prodotti sono invece rispettivamente: € 2.459.423,10 € 1.300.916,30 € 311.884,80. Mi viene richiesto di calcolare per ciascun prodotto il break even point in termini di valore.In base alla formula dovrei fare, ad es. per il primo prodotto: € 3.787.350,00/€ 2.459.423,10= ottenendo 1,53. Ma come lo si deve interpretare questo valore di break even point? Il BEP non dovrebbe essere quel livello di quantità in cui Costo totale = ricavo?
    Spero possa aiutare presto anche me…Grazie!!! 🙂

    • Buon giorno Lucia,

      è giusto calcolare il BEP come CF/Mdc. Purtroppo l’analisi del BEP in caso di azienda multiprodotto è un pò più complesso del semplice calcolo fatto con CF/Mdc poichè, nel caso del multiprodotto, occorre effettuare una serie di calcoli che rientrano nel c.d. MIX.

      Questo MIX considera le medie ponderate di alcuni parametri (tra i quali ci sono anche i CV relativi a ciascun prodotto) e poi elabora il BEP (in termini di MIX di produzione) come una media ponderata di tutti questi elementi.

      Una cosa un pochino più complessa del “semplice” calcolo del BEP per singolo prodotto. E, purtroppo, nello spazio di una risposta in un post (o anche in un articolo come questo) è abbastanza complicato dare la giusta spiegazione.

      • Salve,
        Stavo leggendo i vostri commenti e anche io ho provato ad applicare la formula per il calcolo del margine di contribuzione ponderato, ma c’è qualcosa che non mi convince. I dati sono questi:
        Prodotto 1 – P (1,474 €) % Mix fatt (23,9 %) CVU (1,273) – mCP (0,03)
        Prodotto 2 – P (1,002 €) % Mix fatt (10,7% ) CVU (0,641) – mCP (0,04)
        Prodotto 3 – P (0,629 €) % Mix fatt (11,7% ) CVU (0,299) – mCP (0,06)
        Prodotto 4 – P (0,458 €) % Mix fatt (28,5% ) CVU (0,198) – mCP (0,16)
        Prodotto 5 – P (0,80 €) % Mix fatt (2,9% ) CVU (0,435) – mCP (0,01)
        Prodotto 6 – P (0,799 €) % Mix fatt (2,2% ) CVU (0,302) – mCP (0,01)
        Prodotto 7 – P (1,408€) % Mix fatt (20,2% ) CVU (1,057) – mCP (0,05)

        I costi fissi sono 18.000 € mentre il totale dei costi variabili è 31.194 €.
        Il risultato che ottengo è il margine di contribuzione ponderato pari a 0,37 con un fatturato di Bep di 48.504 €, ma se riduco i costi fissi ad esempio a 5.000 € il risultato BEP in termini di fatturato scende a 13.474 € il che mi sembra non corretto perchè in questo caso io avrei un totale di costi di 36.194 €. Dove sbaglio?

  10. grazie…..davvero grazie anke x la celerità della risposta. quindi, se parlo ad esempio, di margine di sconto, sarebbe ciò che io mi metto in tasca vendendendo un prodotto ad una determinata scontistica?

    • “Margine di sconto”, in linea di massima, non esiste! Solitamente si usa “percentuale di sconto” per indicare la % di sconto che si applica al prezzo di un prodotto. ES: prezzo (iniziale) 60 con percentuale di sconto 30, significa che da 60 devi togliere 18 (che è il 30% di 60) e quindi vendi a 42.

      Se sei il venditore, lo sconto è quanto NON ti metti in tasca (nell’esempio i 18) proprio perchè li hai scontati dal prezzo inziale (60).

      Se sei il compratore, allo stesso modo NON ti metti in tasca niente, ma risparmi 18. Il che, fa lo stesso…

  11. Innanzitutto complimenti x il sito. nn sono laureato in economia (ho una laurea in lettere). Vorrei sapere ke differenza c‘é tra margine,profitto,guadagno e ricavo. in termini molto semplici e con esempi se possibile.grazie mille

    • Ciao Danilo,

      grazie per i complimenti.

      Solitamente, nel linguaggio parlato, si usa dire “…il margine di profitto è TOT…”. Quindi: Margine e profitto sono la stessa cosa, a prima vista.

      I “puristi” dell’economia aziendale mi potrebbero contraddire e dirmi che sono un ignorante e quindi, prima che lo facciano loro, mi correggo subito da solo: nel conto economico riclassificato si identificano due grandezze: il MOL (Margine Operativo Lordo) e il MON (margine Operativo Netto, meglio conosciuto come REDDITO OPERATIVO).

      Come vedi, sono due MARGINI, completamente distinti tra di loro ma, soprattutto, totalmente diversi dal REDDITO NETTO FINALE che è quanto effettivamente si mette in tasca l’imprenditore alla fine dell’anno. E’ un pò complicato spiegare qui, in risposta alla tua domanda, le differenze fra le tre grandezze che ti ho appena citato, ma se ti accontenti della “spiegazione”, questo è quanto: puoi usare “margine” e “profitto” quasi come sinonimi.

      Il RICAVO è quello che deriva dall’attività di vendita: vendi il tuo prodotto X a 100 euro? Bene: il tuo ricavo è 100 euro. Ma per vendere il tuo prodotto X a 100 euro, hai dovuto sostenere dei COSTI (di acquisto o di produzione), supponi 80 euro. Quindi: ricavo (100) – Costo (80)= 20.

      Questo 20 è il tuo guadagno, il tuo margine, o il tuo profitto. Decidi tu. Tanto, nel linguaggio parlato, è la stessa cosa (al netto del MOL e del MON di cui ti ho scritto sopra…).

  12. Salve volevo chiederle quale fosse la differenza tra MdC e Reddito Operativo poichè sto facendo l’esame di P&C e in alcuni esercizi fa intendere che siano la stessa cosa. Grazi mille anticipatamente.

    • Ciao Rossella,

      il RO è una grandezza di carattere generale e si può desumere dalla contabilità ordinaria;, il Mdc è particolare (e infatti è più complesso da calcolare) e si può calcolare solo con la contabilità industriale.

      Il RO te lo può calcolare anche il commercialista in sede di redazione del bilancio, dato che è la semplice differenza tra ricavi e costi operativi; per il Mdc, ti dico solo che la maggior parte dei commercialisti non sa nemmeno cosa sia…

  13. Buon gionro e complimenti per il linguaggio semplice e chiaro che usate per spiegare cose difficili e incomprensibili.

    volevo fare una domanda: ma se l’azienda produce più di un prodotto come si fa a calcolare il margine di contyribuzione per ogni prodotto? Cioè se un’azienad produce 15 prodotti, come si fa? grazie

    • Ciao Antonio,

      grazie per i complimenti. Come si fa per calcolare il margine di contribuzione di 15 prodotti? Il calcolo da fare è abbastanza complicato, soprattutto in relazione al fatto che i costi variabili dovrebbero essere identificati dalla contabilità industriale e ripartiti per i 15 prodotti.

      Il calcolo è complesso, ma non impossibile. Infatti, ognuno dei 15 prodotti avrà i suoi costi variabili diretti (cioè quelli direttamente riferibili al prodotto) e a ognuno dei 15 prodotti va imputata indirettamente una quota-parte dei costi fissi. Si scompone esattamente come abbiamo fatto nell’esempio precedente in modo da ottenere la componente di costo (complessivo) imputabile a ogni prodotto.

      In tal modo si può vedere quale prodotto lavora a margine positivo e quale altro lavora a margine negativo. Per poi trarre le opportune conclusioni.

      Mi scuserai se non posso fare un esempio qui, in questa risposta, ma servirebbe un foglio di excel…

  14. buongiorno
    volevo chiedere una spiegazione
    se io ho un’azienda che produce kiwi(270 q./ha) e il mio BEP è di 110 q./ha, la produzione oltre il punto di BEP è tutto utile (160 q./ha), oppure da essa devo comunque sottrarre i costi variabili, relativi a quella quantità???

    • il BEP è il punto di incrocio tra la linea della quantità del venduto e quella dei costi (fissi + variabili). In pratica se un kiwi costa 0,50 euro e lo vendo a 1,00 euro, considerato 0,20 euro di costo fisso ho guadagnato 0,30 euro.
      Se vendo 10 kiwi ricavo 10 euro, ho costi var per 5 euro e cf per 0,20 euro, ho guadagnato 4,8 euro (pari a 0,48 euro cad.
      Si desume che è tutto ricavo.
      Si tenga conto che i costi fissi in realtà variano (a gradini) all’aumentare del fatturato. Con capannone e 2 dipendenti posso fare da zero a 1000 kiwi, se faccio 1001 1 2000 devo raddoppiare il capannone ed aggiungere una persona.
      saluti
      massimo baruffaldi
      CEO sunteco

      • Si tenga anche conto del fatto che, nella prassi commerciale comune, c’è un andamento dei costi variabili di approvvigionamento che è inversamente proporzionale alle quantità acquistate.

        Ciò significa, semplicemente, che se acquisto 10 kiwi a 0,50 l’uno ho un totale del costo variabile di approvvigionamento pari a 5 euro. Ma se vado dallo stesso fornitore e gli chiedo di vendermi 100 (o più) kiwi ben difficilmente me li farà pagare ancora 0,50 l’uno ma, molto probabilmente, il prezzo scende a (per es.) 0,40 l’uno cosicchè 100 kiwi li pago 40 euro e non più 50 euro ottenendo un risparmio netto di 10 euro; il che, ovviamente, va a incidere sui calcoli da effettuare per il corretto calcolo del BEP e tutto il conseguente.

        Il tutto deve essere ponderato con l’incremento dei costi fissi dovuti agli incrementi di produzione (mq del capannone) di cui ha parlato Max.

  15. Ragazzi complimenti vivissimi per il vostro sito, grazie al quale (forse) sono riuscita a capire il 90% degli argomenti necessari all’esame che dovrò sostenere tra pochi giorni…
    Devo ammettere di aver passato giorni e giorni infruttuosi sul libro di testo scervellandomi per tentare di comprendere paroloni ridondanti che sembravano messi li solo per uno sfoggio di cultura dell’autore… Se passerò questo test sarà solo grazie a voi!!
    GRAZIE

    • Ciao Mary,

      grazie anche a te per i complimenti. Lo diciamo da anni che molti libri di testo, così come molte parole dette dai “professoroni”, sono solo una forma deviata di autocelebrazione e di sfoggio della propria cultura. E noi non capiamo bene a chi/cosa serve essere complicati e fare sfoggio di cultura quando non serve a nessuno, quando invece si può essere semplici.

      Ma tant’è…

      Grazie anche per avere scritto che se passi il test è grazie a noi, ma la domandaccia te la dobbiamo fare: e se non lo passi, con chi te la prendi?

      Stiamo scherzando, ovviamente. Il tuo test andrà benissimo. Per questo ti chiediamo di tenerci aggiornati.

      In bocca al lupo!!

  16. Sono Laureato in Economia con 110 e Lode nel 1998… ed era un pò che non mi rivedevo queste cose. Ho potuto con piacere notare la semplicità dell’esposizione di concetti di finanza che in Italia non sono molto usati dai “ragionieri” e “bancari”. Vi ringrazio per la chiarezza e semplicità di concetti non sempre spiegati in questo modo.

    • Ciao Daniele,

      complimenti per il tuo 110 e lode.

      Si, in effetti, e come hai giustamente notato tu, ci sono alcuni concetti dell’economia aziendale che sono quasi totalmente sconosciuti alla maggior parte degli imprenditori (e li possiamo anche giustificare) e degli operatori di settore (banche, finanziarie, Stato & CO) e li giustifichiamo un pò meno…

      Questo accade perchè nel nostro Paese c’è una scarsa cultura finanziaria: quello che riteniamo ancora più grave è che, nell’ambito della redazione di un business plan, alcuni parametri non vengono considerati ma viene considerato quasi unicamente il valore del fatturato.

      Ora: considerare il fatturato come l’unico elemento fondamentale di un’azienda non è di per se sbagliato, ma lo diventa nel momento in cui non si va a verificare “da che cosa è composto questo fatturato”. Infatti, se fatturo 10 milioni di euro, la banca mi dice “bravo”. Ma se andiamo a verificare che quei 10 milioni sono prodotti in perdita a causa del margine negativo che produce, nessuno dice niente…

      Ma, purtroppo, gli affidamenti bancari sono parametrati prorpio all’ammontare del fatturato, e non certo all’ammontare del margine di contribuzione che producono..

      E poi, molti si lamentano che le aziende falliscono senza capire il perchè…

  17. Complimenti per il sito in generale e per quello che scrivete in modo così semplice, pur essendo difficile.

    Volevo fare una domanda su questo articolo: se ho un prodotto che vendoi con margine negativo ma questo prodotto mi serve per fare da traino ad altri prodtti, devo eliminarlo dalla vendita oppure lo tengo perchè mi fa fatturato?

    Grazie per la risposta

    • Ciao Massimo,

      grazie per i complimenti.

      Ci fai una domanda la cui risposta l’abbiamo data ad un cliente qualche anno fa ed è una risposta un pò complicata poichè richiede di effettuare alcuni “studi” per capire un pò di cose.

      Nello specifico, questo nostro cliente distribuiva prodotti e tra questi ce n’erano alcuni con brand di livello nazionale. Quando vendeva i prodotti di questi brand, era obbligato a venderli al prezzo di costo per via della conocrrenza e diceva che “andava pari” (cioè comprava a 10 e rivendeva a 10, quindi con sostanziale pareggio, secondo lui…).

      Non fu necessario fare calcoli e analisi complicati per capire che il suo ragionamento era sbagliato proprio in relazione al margine di contribuzione. Infatti, acquistare a 10 e rivendere a 10 serviva solo a coprire la parte di costo variabile di acquisto del prodotto, ma rimanevano fuori tutti gli altri costi variabili, più (ovviamente) tutti i costi fissi. E quindi, la vendita di quei prodotti avveniva sostanzialmente in perdita, che gravava sui prodotti a margine positivo.

      Ci disse che non poteva eliminare questi brand dalla linea di vendita, poichè erano prodotti “civetta”, cioè quei prodotti che servono per “tirare” le vendite degli altri prodotti. E allora facemmo un calcolo abbastanza complicato per sapere quante degli altri prodotti avrebbe dovuto vendere (a margine positivo) per coprire le perdite generate dai prodotti civetta.

      Il risultato fu abbastanza deludente perchè i margini che profittava sugli altri prodotti erano nell’ordine di qualche centesimo di euro. E visto che vendeva ingenti quantità di prodotti civetta (che comportavano decise perdite finanziarie dovute alla mancata copertura dei costi variabili e di quelli fissi), la quantità di prodotti a margine positivo che avrebbe dovuto vendere era davvero grande, fuori dalla sua portata di mercato.

      Che fare, quindi? Da un lato era chiaro che i prodotti civetta “facevano fatturato” e appeal di mercato verso i clienti; dall’altro, però, all’incremento di fatturato corrispondevano perdite finanziarie. Il più classico dei casi di cui, spesso, si lamentano alcuni imprenditori…

      Gli dicemmo di eliminare alcuni “rami secchi”, quelli più facilmente eliminabili, poichè sarebbe andato incontro a un default finanziario.

      Sappiamo benissimo anche noi che eliminare i prodotti civetta dalla linea è una mossa molto azzardata (in relazione alla percezione che ha il mercato), ma sappiamo anche molto bene che se i prodotti “lavorano” a margine negativo, il rischio è grosso.

      Delle due, l’una: o si rinuncia a qualcosa da una parte (prodotti civetta), o si rinuncia a qualcosa dall’altra (il guadagno netto di fine anno). A lui la scelta.

      Decise di eliminare alcuni prodotti (non tutti), di rinunciare a un pò di fatturato (quasi 500.000 euro) ma di rimettere in sesto la cosa più importante della gestione aziendale: la FINANZA…

      • Buongiorno Massimo, commento questo articolo perché non trovo il modo per scriverti una domanda diretta. L’azienda che amministro commercializza all’ingrosso una grande quantità di articoli, appartenenti a mercati diversi con margini diversi. C’è un modo per calcolare il CVu in maniera “sintetica” (come si fa, per intenderci, col costo del venduto con i dati di inventario), senza conoscere il margine medio di ciascun articolo calcolandolo “analiticamente”, uno per uno? Grazie per la risposta.

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